Non predere il treno del “green”

Articolo pubblicato “in AZ Franchising di gennaio 2013″. Si ringraziano AZ Franchising e il Dott. Mirco Comparini per la collaborazione.

Il Franchising, come modello di business, è spesso associato a grandi marchi di catene multinazionali con prodotti industriali, quindi standardizzati, e con relativa assenza di legame e valorizzazione dei prodotti artigianali.

Ma qualcosa sta cambiando anche perché il gradimento del consumatore finale verso i prodotti “green” sta aumentando notevolmente.

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Prendiamo in esame il settore della ristorazione.

Sempre più persone consumano pasti fuori casa (trend in aumento in Italia rispetto all’inversione europea) con la conseguenza che la ristorazione continua a essere un settore produttivo in costante espansione con necessità, da un lato, di promuovere e assicurare la somministrazione di cibi sani e di buona qualità, dall’altro, di un sempre maggiore utilizzo di prodotti d’origine controllata, certificati e, dove possibile, di prodotti biologici al fine di non impattare sull’ambiente e sulla salute delle persone. In Italia, come soprattutto all’estero, stanno nascendo progetti di caffetterie e bistrot eco-friendly. Formule retail diverse dalle classiche, dove l’esperienza percepita dal cliente è sicuramente più positiva e meno “commerciale”. Si tratta di una nuova sfida per la ristorazione: lo sviluppo sostenibile in una gestione di eco-efficienza al motto di “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. Prendere consapevolezza del fatto che esiste una forte correlazione tra cibo, ambiente e salute può portarci a riprogettare il modello gestionale della ristorazione in ottica “green”. Un fenomeno che vede l’affermarsi di un consumatore più consapevole e più attento alla qualità non solo degli alimenti. Tale fattore è da una parte strettamente legato all’investimento sul capitale umano e sul livello di istruzione, dall’altra al verificarsi negli ultimi venti anni, non solo nel nostro Paese, di una serie di scandali alimentari (“vino al metanolo”, BSE meglio cono-sciuta come “mucca pazza”, “pollo alla diossina”, ecc.) che hanno avuto come conseguenza una maggiore attenzione del consumatore ai rischi alimentari, lo hanno reso più attento alle diverse forme di informazione e di etichettatura degli alimenti. Il tutto combinato a una sempre più crescente “coscienza ecologica”.

1Già attiva nel campo della zootecnia, la normativa prevista dal Regolamento CE n.178/2002 per la tracciabilità dei prodotti sarà nei prossimi anni un punto importante anche per la ristorazione (movimentazione, stoccaggio e trasformazione degli alimenti nel punto vendita, ecc…). Gestire la tracciabilità completa, può essere difficoltoso anche se oggi nuovi software permettono un’estrema automazione per essere in regola con il regolamento. È possibile così acquisire il carico di materie prime manualmente o grazie ai barcode, assegnare un codice di lotto, gestire il magazzino e scaricarlo in automatico, seguendo le produzioni della giornata. Un buon sistema di tracciabilità, oltre che ad ottemperare alle normative comunitarie, permette un controllo totale della propria attività produttiva azzerando quasi completamente gli errori dovuti a merce non utilizzata o acquisti sovra-dimensionati.

Anche le catene e le reti di franchising del settore food sono ben consapevoli che non possono e non potranno esimersi da tali passaggi e da tempo molti marchi a notorietà internazionale si sono attivati in tal senso, ognuno con iniziative diverse. Infatti, proprio per il loro sviluppo e la loro crescita, in termini di tempo e spazio, le catene possono risultare alquanto “impattanti” su tutto il settore green. Tralasciando di descrivere nel dettaglio in che cosa consiste un locale ecofriendly e di analizzare tutte le “buone pratiche” che deve rispettare per essere definito tale, diciamo soltanto che gli impatti ambientali nel settore della ristorazione sono molteplici: dai consumi energetici a quelli idrici, dal trasporto degli alimenti, al consumo dei prodotti, siano essi per la pulizia, per la
promozione, ma anche per la stessa somministrazione pasti. Inoltre, non è possibile non citare, infine, la produzione
dei rifiuti. In sintesi, questi i punti principali affrontati da chi si è già messo all’opera: riduzione delle emissioni
di CO2, approvvigionamenti da forniture e filiere sostenibili, riduzione dei consumi, riduzione e corretta gestione dei rifiuti, utilizzo di attrezzature ecocompatibili e certificate, utilizzo di arredi realizzati con materiali e prodotti certificati.

3Ma che cosa significa tutto questo quando si è al punto zero, ovvero quando si inizia a pensare o, meglio, a progettare un locale di ristorazione? L’approccio è completamente diverso, così come è diverso il know how specifico mentre l’esperienza può aiutare, soprattutto per sfatare il falso mito che sostenibile è sinonimo di costoso.

Inoltre, la direttiva sull’eco-design nota come EuP (Energy using products) ha istituito un quadro per la progettazione ecocompatibile di un negozio, come il recupero, il ciclo di vita del prodotto, il loro futuro smaltimento o recupero. Le varie iniziative delle catene non sono un fenomeno da sottovalutare, in quanto, così facendo, oltre a rinnovare il proprio know how rispetto alla formula originale, potranno rappresentare un esempio per il settore, cambiandone in meglio l’atteggiamento, le procedure, i servizi e naturalmente i prodotti a vantaggio della collettività. Infine, ma non meno importante, lo sviluppo di una catena in franchising di un concept basato sui principi della sostenibilità aiuterà la stessa a diffondersi maggiormente e più rapidamente.

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