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Bruxelles, per continuare a costruire un presente migliore

Bruxelles, per continuare a costruire un presente migliore.

Suona male? Forse un paradosso? Ve lo spiego, o almeno ci provo.

Dopo “A Parigi, Gesù ha i calzoni corti“, ci ritroviamo più o meno terrorizzati dai fatti accaduti oggi a Bruxelles.

In un giro veloce sui social, ho notato alcuni commenti che mi hanno fatto riflettere.

Ho letto: “in 3, 2, 1  … tutte le foto dei profili con la bandiera del Belgio”. Cioè?? Ci si aspetta ormai che la massa reagisca copiosamente a mo di gregge. E’ forse questo che vogliono?

Ho letto: “JE SUIS sick of this shit”. Bene, concordo e sottoscrivo ma, quindi?

Ho letto altro, ma forse e spero di essermi sbagliato, molti meno commenti rispetto a Parigi. Si, spero di essermi perso qualcosa. 

Ma soprattutto ho letto un commento di una mia cara amica, che come molti di noi combatte la sua battaglia personale, che ha scritto: “La fortuna di essere in grado di potere spendere ogni istante della propria vita nel migliore dei modi..il ricordarselo sempre..indipendentemente da quello che succede altrove: reagire a queste “cose” è vivere al meglio quello che ancora ci resta. Non accusare, non rattristarsi ma continuare a costruire una realtà umana e bella. È difficile, ma lasciarsi travolgere vuole dire darla vinta a chi trova ragione d’esistere nel distruggere l’esistenza, propria e altrui. Non posterò nient’altro che rimandi a Bruxelles, e continuerò a costruire un presente migliore”.

Mi ritrovo nel suo pensiero, che faccio mio e condivido con voi, che non avete la fortuna di conoscerla.

Grazie Silvia!

 

Il mio Hotel – A Parigi, Gesù ha i calzoni corti.

Paris under attack!

Una cara amica mi ha chiesto: “visto che lavori molto nei paesi mediorientali, di origine e cultura araba, nonché di religione musulmana, pensi che la tua azienda debba scrivere qualcosa sui fatti di Parigi? Prenderai posizione rispetto a quello che è accaduto?”

La mia risposta è stata un secco: “NO”, seguito da uno sfogo scomposto di pensieri dettati da 18 anni di continui viaggi in Medio Oriente.

No, la mia azienda non prenderà posizione, non dirà nulla. Non utilizzerà questi incomprensibili avvenimenti per fare audience. Ch senso avrebbe?. Meglio un omertoso silenzio.

Perché, invece, io decido, a livello personale, di dire qualcosa? Perché ho turbamenti che mi torcono le budella e diverse esperienze dirette che ho bisogno di condividere.

Poi, per le analisi più profonde, rileggiamoci la Fallaci o Terzani, e di entrambi prendiamo il meglio, perché la verità sta sempre a metà. Se, poi, vogliamo comprendere perché la Francia, ripassiamoci la storia, soprattutto Mitterand.

Perché ne parlo proprio qui, nello spazio destinato a “Il mio hotel”?

Perché la memoria mi ha riportato a circa 17 anni fa, durante il mio primo viaggio in Arabia Saudita. Un soggiorno lungo, di quelli che non vorresti mai fare, con il week-end di mezzo. Quelli che allenano la pazienza. Beh, io, in quel week-end, ho conosciuto la legge del taglione: una folla infuriata si era stretta attorno a un uomo incriminato di furto e ho visto volare via la sua mano come un uccello muto.

Quella mattina avevo imparato anche che, con i bermuda o i calzoni corti, in hotel, non si può nemmeno andare a fare colazione.

Chiaro il concetto? Si applicano le regole.

Sono a disagio coi commenti da “bar dello sport” e vorrei tanto che le persone si informassero meglio, prima di dire qualsiasi cosa o di postare sui social solo per seguire la massa. (ne parlai anche qui Israel and Palestine)

Perché, in Kuwait, se entro in un ascensore stretto, con dentro marito e moglie, lui si pone di mezzo allungando il braccio a mo’ di sbarra? Perché queste sono le loro regole, è la loro usanza, è il loro modo di vivere. 

E allora perché, il popolo occidentale non fa rispettare le sue? Perché si perde tempo a dibattere sul crocifisso nelle scuole o sull’apertura della nuova moschea?

Facciamo rispettare le regole! Punto e basta.

Siamo in Italia e, se non ti sta bene il crocifisso, torni da dove sei venuto, non alzi la voce, e lo dico con la stessa serenità con cui lo direi ad un alunno che non vuole fare catechismo. Chiedi il permesso e sarai esonerato. Non pretendi che tutti non facciano catechismo e quindi, non puoi pretendere un’integrazione che comporti la messa in discussione della nostra cultura. L’integrazione, quella vera, è un’altra cosa.

Abbiamo bisogno di azione e non di parole, certo, ma non quella delle bombe, bensì quella della capacità di essere padroni, accoglienti, ma fermi, in casa nostra.

Conosco tanta gente in Libano, come in Israele: ci sono persone colme d’odio, che si ammazzerebbero subito, ma altrettante che hanno amici e amori al di la del confine. Ricordo che arrivai a Riyadh il giorno dopo l’attentato kamikaze al compound americano, forse ve lo ricordate. Il cliente che dovevo incontrare mi venne a prendere e mi disse: “sono sconcertato, mia moglie (saudita) se ne vuole andare, ha paura. Non so che fare”. (E lo dici a me?)

Quella sera in hotel, mi sono sentito terribilmente solo e impotente.

Ricordo Beirut nel 2005: arrivai che c’era una folla incredibile nelle strade, la mattina dopo, ci fu un’esplosione in pieno centro, vicino al Phoenicia Hotel. Vissi in una città fantasma per tre giorni. Era irriconoscibile. Poi, la normalità. Almeno apparente. 

Ricordo Israele, qualche mese dopo l’attentato kamikaze alla discoteca sul lungomare di Tel Aviv. Gente in fila al centro commerciale per i controlli di routine; posti di blocco lungo le strade, atmosfera strana, ma, comunque, tutti in giro, specialmente la sera. Festa.

A cena domandai: ma come fate a vivere in questo modo?

Risposta: e come dovremmo vivere? Chiusi in casa come topi? Sarebbe suicidio. Morti senza essere sepolti.

Feci la stessa domanda a Beirut. Stessa risposta. Almeno qualcosa li accomuna. Paradosso: la voglia di vivere.

Gli arabi sono permalosi, come noi del resto, ma, se è vero che, nel Corano, Gesù è riconosciuto come un profeta, perché un credente praticante musulmano dovrebbe uccidere o odiare i cristiani? Non ha senso. Evidentemente c’è altro, qualcosa che ci sfugge, di più grande e complesso, che non afferisce alla religione, ma che trova nella religione il bacino di combattenti più pericoloso che ci sia.

Eppure io non educherò i miei figli ad aver paura di un arabo o di un musulmano più di quanta non ne debbano avere del vicino di casa, che magari, li spia la sera, quando tornano a casa.

Non chiediamo di scacciare il diverso, anche noi lo siamo per loro.

Chiediamo, invece, che le regole vengano applicate, come le applicano loro.

Se non è possibile fare colazione in hotel coi calzoni corti, ok: basta saperlo.

Per il resto, meglio vivere in pace.

Il mio hotel – Il minibar meneghino

Ho imparato ad amare Milano, frequentandola per fiere, eventi e incontri coi clienti. Ai clienti piace da matti incontrarsi a Milano, anche se devono venire da Bologna. Evidentemente sentirsi parte di un ambiente riconosciuto come glamour può essere molto piacevole. No, non credo che ci vivrei mai, ma sporadiche incursioni sono molto formative e accendono la mia creatività.

Ero, appunto, a Milano per lavoro e alloggiavo in un piccolo hotel in Corso Garibaldi, strategicamente scelto per muovermi a piedi. Appena preso possesso della mia stanza, ho subito cercato qualcosa di fresco da bere nel minibar. Vuoto. Niente di grave, certo, però tu sei lì, stanco, impegnato, magari hai anche pochi minuti per rifocillarti prima di un altro incontro e non hai tanta voglia di scartare il bicchiere di plastica disponibile in bagno e farne il calice di un’acqua corrente dallo strano colore grigio. Telefono alla reception e comunico il problema.

Mentre attendo rassicurazioni, la memoria mi riporta bruscamente in Medio Oriente, a quella volta che mi accadde una cosa simile e, dopo cinque secondi dalla mia telefonata, un omino infilato in un abito ocra si è presentato in camera con un intero carrello zeppo di ogni bontà e mi ha fatto riempire il frigo di ciò che volevo. Le mille e una bevanda.

Mentre ci ripensavo, avvolto dal compiacimento, inclinavo la testa da un lato. C’è qualcosa di più bello che sentirsi coccolati?

Invece, io ero ancora al telefono che venivo rimbalzato da un’orribile musichetta all’altra, in attesa che qualcuno mi confermasse la possibilità di idratarmi nel giro di pochi minuti. Sognante, cornetta sull’orecchio, mi sono nuovamente abbandonato alla memoria delle esperienze mediorientali, al “thank you Sir, sorry Sir, good night Sir” che non fa mai pensare a un timore reverenziale, quanto piuttosto alla piena padronanza di una professione, nata appositamente per soddisfare il concetto di “ospitalità”.

Il cliente è sovrano.

Sono stato sottratto alla dimensione onirica dalla voce stridula di una ragazza che, finalmente, mi ha risposto di essere riuscita a “informare chi di dovere del mio bisogno”. L’espressione mi ha fatto sorridere: possibile che un alberghetto debba manifestare gli stessi problemi burocratici di una struttura parastatale? Il servizio è parte integrante della struttura. È come se fosse una porta o il letto: non si può pensare che manchi o sia scadente. Se hai un frigo, dev’essere pieno. Se credi sia un costo ingestibile per la tua strategia commerciale, non lo prevedi e lo indichi sul tuo sito tra le comodità mancanti. Ci vuole coraggio, ci vuole una linea di condotta, ma, soprattutto, ci vuole grande amore per questo far sentire l’ospite, non come a casa sua, ma meglio. La ragazza ha riattaccato senza darmi indicazioni sui tempi tecnici della mia attesa e io ero abbastanza certo che, se mi fossi buttato sotto la doccia, “chi di dovere” avrebbe bussato in quel momento.

Morale della favola: non ho bevuto, ho fatto una doccia frettolosa e mi sono beccato la vocetta indolente di una persona priva di ogni empatia nei miei confronti. Il tutto nel giro di mezz’ora e prima di un appuntamento importante. Dopo tanti anni di questo lavoro, so bene che i clienti possono essere dei rompiscatole, ma quello che sono costretti a sopportare tante volte da ristoratori, albergatori, gestori e personale vario, non è da meno.

Il mio Hotel – Dubai con sorpresa

Ho prenotato con cura 5 hotel per i prossimi due mesi: Dubai, Milano, Doha, Abu Dhabi, ancora Dubai. Quella della pianificazione è un’inclinazione personale, forse, ma è anche un’arte, un potente strumento di efficacia e salvezza, oltre che di business.

L’importanza di analizzare e pianificare l’ho appresa sulla mia pelle, quando, nel 1997, che ancora non avevo creato DESITA e mi portavo a spasso i miei invincibili 26 anni, arrivai per la prima volta a Dubai, di notte, stravolto dal viaggio (allora si volava con Alitalia!), dalla tensione delle prime esperienze lavorative internazionali e trovai naturale infilarmi nel primo albergo disponibile, purché vicino alla sede del mio appuntamento, un paio di giorni dopo.

Dubai viveva il periodo della sua crescita esponenziale e si trovavano con facilità strutture a 4 stelle che, nel mio immaginario, mi avrebbero garantito un soggiorno senza particolari problemi. In quell’occasione mi misero in mano la prima chiave elettronica in formato tessera della mia vita e io mi sentii un po’ dentro Star Trek.

Infilavi la tessera, le luci e l’aria condizionata si accendevano e ti regalavano la vista di una stanza enorme, con il letto matrimoniale a novanta piazze e i cuscini che parevano altrettanti letti.

Ero felice. Cosa poteva andare storto?

Peccato non avessero previsto che, una volta usciti, tolta la tessera, spente le luci, spenta l’aria condizionata, gli scarafaggi si sarebbero impossessati del territorio per le loro scorribande notturne.

È lì che ho avuto la prima folgorazione della mia carriera: mai più niente di improvvisato.

Subito seguita dalla seconda folgorazione: anche le strutture più insospettabili hanno bisogno di consulenza.

La terza folgorazione, poi, mi sparò nel Nirvana: che te ne fai di una location stupenda se non funziona in ogni minimo dettaglio? Se non è pensata per gestire le peculiarità di quel territorio?

Ne dovevo fare di strada.

Insomma, il ’97 fu l’anno degli scarafaggi e delle folgorazioni in hotel.

Ma ogni volta ce n’è una: incredibili sorprese e stratosferiche delusioni.

Ho deciso, ve le racconterò in tempo reale nei prossimi giorni.

Mica mi lascerete solo?